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balegrLo scheletro di Monte FalconeLa nascita del museo

La collezione civica di fossili di Castell’Arquato, il cui  primo registro di visitatori porta la data del maggio 1927, fino agli anni Sessanta era collocata nel salone dell’archivio comunale situato presso il duecentesco Palazzo del Podestà sede del municipio. In questi locali vennero portati anche i resti di un cetaceo fossile rinvenuto nel 1934 sui calanchi di Monte Falcone dal dott. Agostino Menozzi e gran parte di questo scheletro vi rimase custodito anche dopo il trasferimento del materiale paleontologico presso il Torrione Farnese dove il museo civico venne riorganizzato nel 1961.

Nel 1990 il Museo è stato trasferito nel cinquecentesco “Ospedale Santo Spirito” più funzionale in quanto molto più ampia e in grado di accogliere i grandi esemplari di balenottera che rappresentano i reperti di maggior spicco delle raccolte. Il nucleo principale della collezione inizialmente era costituito dal già citato scheletro di Monte Falcone e da una cospicua raccolta di molluschi fossili appartenuta all’appassionato collezionista avvocato Odoardo Bagatti che tra la fine dell’Ottocento ed i primi del Novecento riunì una grande quantità di materiale raccolto nei terreni fossiliferi della  provincia di Piacenza. La collezione comprendeva un gran numero di specie tra bivalvi e gasteropodi oltre a numerosi altri invertebrati quali coralli, echinidi e crostacei. A questo nucleo originario si andarono ad aggiungere nel corso degli anni, numerosi reperti fatti affluire al museo da appassionati e collezionisti emiliani e lombardi.

 

Le ultime scoperte e l’attività del museo

L’evento che in anni recenti più di ogni altro ha calamitato l’interesse verso il museo è stato il recupero nella primavera del 1983 di un cranio di balenottera sui calanchi di Rio Carbonari presso Tabiano di Lugagnano, in provincia di Piacenza. In quella occasione si sono manifestati in modo tangibile i benefici della stretta collaborazione tra istituzione e gruppi amatoriali ed il lavoro svolto ha permesso di creare all’interno del museo una piccola équipe che si occupa di quelle che sono le funzioni principali della struttura museale. In primo luogo la conservazione del materiale custodito, poi la funzione scientifica principalmente indirizzata alla collaborazione con istituti universitari e centri di ricerca per lo studio del territorio ed infine quella didattica svolta su due direttrici parallele nei confronti delle scuole e di un pubblico adulto.

Dietro autorizzazioni della Soprintendenza Archeologica, sono stati effettuati anche altri  recuperi di scheletri fossili di cetacei durante due campagne di scavo nella primavera del 1986 e nell’ autunno dello stesso anno. L’attività del museo ha portato inoltre alla pubblicazione di diversi cataloghi e di una rivista scientifica periodica in collaborazione con la Società Piacentina di Scienze Naturali e con il Museo civico di storia naturale di Piacenza (Parva Naturalia), in cui vengono presentati studi ed articoli riguardanti il territorio provinciale. L’incremento delle attività ed i contatti allacciati con altre istituzioni analoghe hanno permesso di ampliare il campo di ricerca e gli interessi del museo con l’organizzazione di alcune spedizione nella regione transhimalayana del Ladakh, in Tibet e nella catena degli Urali che hanno permesso di potenziare le collezioni petrografiche del museo. Il materiale raccolto è stato selezionato grazie anche alla collaborazione con l’istituto universitario “Albert De Lapparent” di Parigi che, dal 1897, ha avviato un programma di ricerche finalizzate sul territorio arquatese.

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