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Il territorio

Il territorio

Dalla fine del Settecento nei terreni argillosi e sabbiosi dell'area orientale dell'Appennino piacentino, ed in particolare lungo le ripide pareti dei calanchi e nelle incisioni di piccoli rii delle valli del Nure, Chiavenna, Arda e Ongina, venivano alla luce le testimonianze fossili del "mare pliocenico".

Ma già tre secoli prima Leonardo da Vinci, che per primo riconobbe l'origine organica dei resti fossili, ebbe modo di vedere le conchiglie raccolte nel Piacentino mentre si trovava a Milano dove stava lavorando alla statua equestre di Francesco Sforza ed una citazione su questi fossili, che il maestro chiamava nichi, e sui luoghi dai quali provenivano è riportata nel celeberrimo Codice Leicester (folio 9 verso).

Chi contribuì maggiormente alla ricerca ed alla conoscenza del Pliocene locale fu Giuseppe Cortesi, consigliere del tribunale di Piacenza e successivamente professore onorario di geologia all'Università di Parma. Egli si appassionò talmente alla ricerca da stipendiare degli osservatori per tenere sotto controllo le aree con il compito di avvisarlo nel caso affiorassero frammenti scheletrici ed in breve potè riunire, oltre alle conchiglie, diversi e grandiosi resti di rinoceronte, elefanti, ma soprattutto delfini e balenottere.
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Stratotipo del Piacenziano

Dalla fine del Settecento nei terreni argillosi e sabbiosi dell'area orientale dell'Appennino piacentino, ed in particolare lungo le ripide pareti dei calanchi e nelle incisioni di piccoli rii delle valli del Nure, Chiavenna, Arda e Ongina, venivano alla luce le testimonianze fossili del "mare pliocenico".

Ma già tre secoli prima Leonardo da Vinci, che per primo riconobbe l'origine organica dei resti fossili, ebbe modo di vedere le conchiglie raccolte nel Piacentino mentre si trovava a Milano dove stava lavorando alla statua equestre di Francesco Sforza ed una citazione su questi fossili, che il maestro chiamava nichi, e sui luoghi dai quali provenivano è riportata nel celeberrimo Codice Leicester (folio 9 verso).

Chi contribuì maggiormente alla ricerca ed alla conoscenza del Pliocene locale fu Giuseppe Cortesi, consigliere del tribunale di Piacenza e successivamente professore onorario di geologia all'Università di Parma. Egli si appassionò talmente alla ricerca da stipendiare degli osservatori per tenere sotto controllo le aree con il compito di avvisarlo nel caso affiorassero frammenti scheletrici ed in breve potè riunire, oltre alle conchiglie, diversi e grandiosi resti di rinoceronte, elefanti, ma soprattutto delfini e balenottere.

I numerosi scheletri fossili raccolti dal Cortesi prima del 1809 vennero acquistati dal regno Lombardo Veneto e successivamente trasferiti nel Museo di storia naturale di Milano dove furono tutti distrutti durante il secondo conflitto mondiale. Il materiale riunito dal naturalista dopo il 1809 venne invece acquistato dal governo parmense nel 1841 per il Gabinetto di storia naturale dell'università che successivamente acquistò anche gli scheletri fossili di altri cetacei rinvenuti sui collli piacentini da un altro ricercatore locale, Giovanni Podestà di Castell'Arquato.

L'importanza e la grande varietà di esemplari fossili, specialmente per quanto riguarda la malacologia, richiamarono a più riprese l'attenzione di numerosi studiosi tra cui il Brocchi che nella sua "Conchiologia fossile subappenninna" nel 1814 presenta la propria collezione (una delle più note raccolte del Terziario europeo), oggi conservata al Museo di storia naturale di Milano, in cui sono presenti anche diversi reperti provenienti da Castell'Arquato.

cuvier_Anche Georges Cuvier si interessò dei fossili rinvenuti in Valchiavenna e in Valdarda visitando personalmente la collezione del Cortesi che citò infatti nelle sue opere. In effetti l'interesse per il ritrovamenti effettuati nel territorio piacentino era in quel periodo accresciuto dal fatto che gran parte delle collezioni locali venivano vendute all'estero e questo concorse a disseminare per i maggiori musei europei i fossili della Val d'Arda aumentando negli studiosi di vari paesi l'interesse per questa località.

Allo svizzero Carl Mayer si deve l'istituzione nel 1858 di un piano geologico che prende il nome dalla provincia di Piacenza: il Piacenziano (Piacenzische stufe) utilizzato per indicare quelle "Blue mergel", di cui proprio la Val d' Arda è la zona più tipica.

Successivamente, nel 1865 Pareto L. suggerì di assumere come "sezione tipo" del Piacenziano la successione di strati affioranti in sinistra idrografica del torrente Arda tra gli abitati di Lugagnano e Castell'Arquato.

Recentemente la comunità scientifica ha ripreso il concetto di Piacenziano ridefinendo i limiti temporali e, soprattutto, proponendo di riutilizzare come base di confronto quel tratto di stratotipo compreso tra Monte Giogo e Castell'Arquato, non interessato da lacune sedimentarie, dove le associazioni faunistiche ben documentano le "estinzioni" causate dal deterioramento climatico che accompagna la formazione della calotta artica.

La straordinaria abbondanza di resti fossili che caratterizza questi sedimenti ed il loro ottimo stato di conservazione costituiscono inoltre un punto di partenza e/o di arrivo per coloro che si interessano delle problematiche connesse all'evoluzione del popolamento faunistico del bacino del Mediterraneo e, soprattutto, alle variazioni faunistiche che accompagnano l'evoluzione ambientale di un bacino.

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Un po’ di paleogeografia

L’evoluzione del bacino del Mediterraneo

  • Miocene
  • Miocene superiore (Messiniano)
  • Pliocene
  • Pleistocene
  • Glaciazioni

tortonianoCirca 20 milioni di anni fa la collisione della placca Africana con quella Euroasiatica provocò il sollevamento di una serie di catene montuose, estendentisi dalle Alpi sino ai Monti Tauri (Turchia meridionale), che oltre a chiudere le comunicazioni tra la regione Indo-Pacifica e la Tetide divise quest'ultima in due bacini di cui uno più settentrionale ed "est-europeo" (la Paratetide) ed uno più meridionale (il Mediterraneo).

La Paratetide era una specie di enorme lago salato estendentesi dall'attuale Ungheria al Mar d'Aral ed al Golfo Persico che, a causa del suo confinamento all'interno di masse continentali e di una serie di processi geodinamici che variarono l'assetto strutturale dell'area, si frazionò ben presto in una serie di "piccoli" bacini con acque salmastre entro le quali si svilupparono  diverse forme endemiche.   A seguito del suo parziale colmamento e, soprattutto, sotto la continua spinta di fenomeni tettonici compressivi, la Paratetide si ridusse a tal punto da occupare solo le zone depresse corrispondenti agli attuali M.Nero, M.Caspio e M.d'Aral.

 

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Il Mediterraneo fu, per molto tempo dopo la sua formazione, un grande golfo dell'Atlantico caratterizzato dalla presenza di estese scogliere coralline, fino a che 5.6 milioni di anni fa (tardo Messiniano) i collegamenti con l'oceano si ridussero drasticamente a seguito della collisione tra Spagna e Africa e di un evento regressivo registrato su scala mondiale riconducibile alla formazione della calotta artica.

Questo fatto associato ad un'intensa evaporazione (tutt'oggi presente) determinarono un grave deficit idrologico, che non poteva essere controbilanciato dal semplice apporto delle acque continentali da parte dei fiumi, a cui fece seguito un rapido abbassamento del livello marino e, quindi, del livello di base dell'erosione; quest'ultimo effetto innescò un'intensa erosione regressiva che produsse, tra l'altro, la formazione di profondi "paleocanyons" attualmente sede dei principali laghi alpini.

All'abbassamento del livello del mare corrispose inoltre l'emersione di vaste aree continentali tra le quali rimasero piccoli bacini a circolazione ristretta entro cui si depositarono, in momenti successivi, i gessi, le anidriti e i sali potassici che attualmente costituiscono la "Vena del Gesso" emiliano-romagnola e che sono alla base della presenza di fenomeni sorgivi di acque solfuree (Terme di Bacedasco).

A questa "crisi di salinità" è imputabile la pressochè totale scomparsa dei biota marini preesistenti che vennero sostituiti da organismi ipoalini affini a quelli della Paratetide (a testimonianza di un temporaneo scambio d'acqua tra i due bacini).

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pliocene-supCirca 500.000 anni più tardi (5 milioni di anni fa) si ristabilirono le comunicazioni con l'Atlantico e si ripristinarono condizioni marine, come documentato dalla scomparsa delle specie ipoaline e dall'arrivo di biota prettamente marini tra cui alcune specie indicatrici di acque fredde e profonde (ostracodi e coralli psicrosferici) e numerose nuove specie di molluschi, artropodi, pesci e cetacei.

Questo evento rappresenta il concetto storicamente usato per definire la base del Pliocene. Da questo momento in poi il bacino padano, che sino ad allora aveva seguito le vicende del Mediterraneo, iniziò una sua storia particolare che culminò, nel corso di circa 4,5 milioni di anni, col suo colmamento da parte delle alluvioni del fiume Po, e dei tributari, e con la definitiva emersione.

Dopo l'evento trasgressivo Pliocenico si registrò infatti una nuova fase tettonica compressiva che portò al sollevamento del margine appenninico e dei fondali dell'adiacente bacino padano dove si stavano accumulando milioni e milioni di metri cubi di detriti portati dai fiumi. Non a caso dunque l'attuale Adriatico settentrionale raggiunge una profondità massima di soli 85 mt.

I suddetti depositi diedero origine ad una potente successione sedimentaria marina caratterizzata dalla presenza di due cicli regressivi principali (Ciclo Pliocenico Inferiore e Ciclo Pliocenico superiore, localmente riferibili alla Formazione di Lugagnano ed alla Formazione di Castell'Arquato), intercalati da cicli minori, i cui effetti furono talora amplificati o attenuati dall'intensa tettonica locale che caratterizzava i vari settori dell'Appennino.
pliocene-mediopliocene-inf

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pleistocene

Pleistocene

Con il Pleistocene (circa 1.6 milioni di anni fa) si assiste al definitivo ritiro del mare dal territorio di Castell'Arquato ben documentato da una maggior frequenza di depositi lagunari o continentali all'interno di succesioni sedimentarie marine (come nel caso del torrente Arda). Il limite Plio-Pleistocene è macroscopicamente segnato, nell'intero bacino del Mediterraneo, da un netto deterioramento climatico che porta alla scomparsa degli ultimi organismi ad affinità sub-tropicale ed alla comparsa di organismi tipici di clima temperati-freddi o freddi (ospiti nordici) quali ad esempio l’Arctica islandica.

Quaternario

Durante il Quaternario il mare prosegue il suo ritiro verso est ed i vari affluenti del Po impostano le proprie conoidi alluvionali al limite tra le catene montuose e la vasta pianura.

Circa 800.000 anni fa il mare abbandona definitivamente queste zone e le vaste aree emerse della neoformata pianura padana vengono colonizzate da elefanti, ippopotami e rinoceronti i cui antenati migrarono dall'Africa all'Europa sfruttando i ponti naturali che si formarono durante la "crisi di salinità" messiniana.

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Fasi interglaciali

Lago-NeroLago NeroLago NeroNel Quaternario si intensifica il deterioramento climatico già iniziato nel Pliocene. A fasi temperate (interglaciali) si alternano intense fasi glaciali nel corso delle quali il limite delle nevi perenni si sposta gradualmente verso latitudini più basse. Durante i periodi interglaciali il clima si fa più mite e le temperature medie più elevate. L’aumento delle precipitazioni piovose e il contestuale scioglimento dei ghiacci provocano abbondanti inondazioni e la formazione di vaste zone umide.
A queste variazioni climatiche corrispondono altrettante variazioni dei biota vegetali ed animali che popolano la Pianura Padana, per cui ad associazioni faunistiche tipicamente caldo-temperate caratterizzate dalla dominanza di daini e da una certa abbondanza di ippopotami, elefanti, rinoceronti si alternano associazioni di clima più freddo dominate da cervi, camosci e stambecchi .

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L’ultima glaciazione

Nel corso dell'ultima glaciazione – conclusasi circa 10.000 anni fa - si formano ghiacciai di modeste dimensioni anche sull’Appennino Piacentino (il lago Nero e il lago Bino sono appunto specchi d’acqua di origine glaciale) mentre dall’arco alpino alcuni di essi raggiungono il limite della pianura. Il conseguente abbassamento del livello del mare determina un ringiovanimento nella morfologia del territorio provocando una fase di squilibrio con corsi d'acqua in erosione e con il conseguente approfondimento delle valli.

 

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